sabato 8 giugno 2013

Giugno 2515


Un tempo, durante la guerra tenevo un diario. Un ordine del giorno. Aiutava a tenere la mente organizzata. A tenere conto degli eventi, dello scorrere del tempo. Lo possiedo ancora. Nella prima pagina chiedevo che venisse consegnato a mia moglie in caso fossi morto. E' morta prima lei, ma continuai a scriverlo. Ora ho deciso di ricominciarlo. Ora, nella seconda guerra. E' una guerra più subdola di quella precedente. Non meno pericolosa. Un tempo tenevo nota del giorno, del mese, dell'anno. Ora terrò nota solo del mese e dell'anno, perchè i giorni scorrono in modo scostante. A volte ne perdo il conto. Se dovessi morire sul campo, vorrei che questo diario venisse consegnato all'Ammiraglio Jack Rooster. Se anche Jack Rooster fosse morta, vorrei che venisse consegnato a Moloko Cortes. Se anche Moloko Cortes fosse morta, potete consegnarlo a chi più desiderate. Non bruciatelo, contiene la mia versione della storia. Verrà tenuto insieme alle pagine relative alla Prima Guerra per completezza.  La Prima Guerra si è conclusa il 29 Maggio 2511. La Seconda Guerra è rimasta latente da allora, ed è ancora in corso. Ha assunto forme diverse. 

Il mio nome è Sam Hale. Scrivo dal ventre della nave di classe Firefly "Almost Home", dove riusciamo a resistere nonostante tutto. Con orgoglio e ostinazione. L'Alleanza ha convinto il Verse che l'Indipendenza è svanita nel nulla. Non è così, prima o poi riusciremo ad uscire allo scoperto, e smetteremo di fare la vita di meri terroristi. Non lo siamo mai stati, anche se abbiamo commesso degli errori. Non giustifico i nostri errori, ma continuo a credere nelle idee che ce li hanno fatti commettere. Credo che la speranza non sia morta. Non per noi, non per il Rim. Credo che la nostra Identità meriti di fare il suo percorso senza essere schiacciata dall'imperialismo alleato.
Red Wright è catturato. L'Ammiraglio Rooster è costretto a contare e ricontare i suoi uomini con il terrore di vederli diminuire giorno dopo giorno. Ogni volta che ci conta, mi trova lì. Ogni volta che ci conterà mi troverà lì. Mi rifiuto di smettere di avere fiducia. Mi rifiuto di lasciarmi soffocare dal dolore e dal senso di colpa. Allo stesso modo rifiuto di abbassarmi al livello alleato e giustificare ogni nostra azione. Non giustifico ogni nostra azione. Sconteremo le nostre colpe di fronte alla storia come non hanno fatto i nostri nemici. Loro non hanno scontato nessuna colpa. Non sono stati chiamati assassini, quando hanno sterminato centinaia di migliaia di civili. Io metto alla gogna me stesso per ogni singolo morto che ho causato. Ma il campo di battaglia giustifica tutti. Sul campo di battaglia smettono di esserci assassini, ci sono solo soldati. Per questo l'Alleanza ha paura ad affrontarci a campo aperto. Lasciandoci nel buio dell'anonimato è in grado di usare la retorica contro di noi.
 E allora lasciatemi morire con la divisa. 
Ho amato delle donne, non molte, e le ho perse. Tutte, per motivi diversi. Ho un figlio, John, che combatte come me, ed è solo un ragazzino. Il nostro mondo è distrutto. Voglio ricostruirlo, e ci riuscirò. L'Ammiraglio Rooster non sa quanto posso essere ostinato. A volte credo che non sappia quanto può essere ostinata lei stessa. Mollerò la presa quando sarà destino che io lo faccia. E quando sarà destino, lo capirò. Ora non è destino. Ora faccio il mio dovere, e lo faccio al meglio che posso. 
Scriverò in queste pagine quello che posso per lasciare una traccia sul mondo. Non permetterò loro di cancellare dalla memoria il coraggio e i sacrifici degli uomini e delle donne che mi stanno accanto. Che mi sono stati accanto. Li porto con me, nella memoria e nel cuore, e lascerò che rimanga segno delle loro vite in queste parole. Se è vero quello che dicono, se è vero che la storia la fanno i vincitori, io farò la mia storia. Noi, faremo la nostra. Se vinceranno, i nostri nomi svaniranno come polvere nel vento. Finchè i nostri nomi rimangono da qualche parte, sia anche il misero diario di un soldato, noi saremo vivi. E fino a che noi saremo vivi, ci sarà speranza che qualcuno si ricordi la bellezza del Rim, la sua forza, la sua gente, le sue tradizioni. Il suo orgoglio. La sua libertà.
Aye, Ammiraglio Rooster. Noi siamo la libertà, non l'odio.

Sam Hale smette di scrivere e fissa la pagina del taccuino. E' seduto in cabina, sulla propria branda. Lo richiude, con cura, riponendolo al sicuro sotto al materasso sottile. C'è un altro taccuino, sotto al materasso. Più vecchio, sdrucito. Sam Hale sistema il materasso di nuovo al suo posto, prima di tornare a sedersi. C'è silenzio intorno. Lui rimane immobile, irrigidito nell'incertezza. Lo sguardo composto e caldo vacilla ora che è solo, per un istante. Solo per un istante. Le dita si infilano in tasca, nei pantaloni della divisa. Estrae un coltellino a serramanico. Se lo rigira tra le dita, poi inspira sollevandosi una manica della maglia. La solleva in alto, la sospinge oltre il gomito dove il muscolo si gonfia, lasciando l'avambraccio libero. Apre il coltellino e risale la propria pelle fino ad una porzione di carne appena al di sotto del gomito, all'interno del braccio. Stringe le dita, mentre la lama affonda delicatamente nella pelle, causando una ferita sottile e dolorosa, bruciante. Trattiene il fiato e lo rilascia ansimando pochi momenti dopo, fissando un taglio preciso e accuminato, dritto come uno sparo, superficiale. Sembra il graffio di un gatto. Aggrotta la fronte e lo porta alla svelta alla bocca, succhiando via un pò di sangue istintivamente. Ripiega il coltello. Abbassa la manica. La maglia si macchia un pò.


Nessun commento:

Posta un commento