lunedì 29 luglio 2013

Sam Hale raccoglie un sasso da terra. E' un sasso piccolo. Non sufficientemente grande da rompere un vetro. Lo rigira tra le dita, solleva gli occhi alla facciata dell'edificio che lo sovrasta. Una casa di Timisoara. Le luci al secondo piano sono accese. Piega la spalla indietro e scaglia il sasso contro una finestra. C'è un tintinnio, il sasso ricade. Deve farlo un paio di volte ancora, prima che si veda un movimento dietro al vetro. Una donna apre l'infisso, sporgendosi fuori. Rose lo scorge in piedi nel vicolo. Lo guarda stupita, gli sorride. Lui le sorride dalla strada, il collo piegato indietro, gli occhi rivolti in alto verso di lei, verso il cielo.

"Sam Hale. Che cosa ci fai qui?"
"Avevo voglia di vederti."

C'è una folata di brezza estiva.
"Stai bene?"
Sam Hale ci pensa. Abbassa gli occhi, poi li risolleva. Annuisce, sbuffa un sorriso lieve tra la barba.
"Sto bene."
"Vuoi salire?"

Rose lo chiede con un velo di esitazione nella voce. Forse ha paura di sentirlo rispondere di sì.
"Non posso. Ho una famiglia da cui tornare."
"Si. Tuo figlio starà dormendo a quest'ora."
"Starà dormendo, si."
Si guardano. Rose gli vede nello sguardo una pace stanca, e una decisione viva. Come le nubi estive, che si gonfia. 
"Ti trovo bene, Sam."
Quando richiude la finestra, è per guardare attraverso il vetro la sagoma delle sue spalle dritte che rimonta a cavallo.
Ha smesso di piovere per qualche giorno, c'è una tregua instabile. Eppure qualcosa è tornato al suo posto, e lo sa perchè conosce gli uomini. Ne ha conosciuti troppi, continuerà a conoscere.
L'uomo che si allontana nella sera ha i piedi saldamente per terra.




Quando arriva alla nave, cammina fino alla cabina dove dorme John. Ci si infila dentro cercando di non svegliarlo. Scivola accanto al suo letto, si piega e gli bacia la testa con delicatezza. Ci lascia una carezza. Se John si è svegliato, finge di dormire. Lui non indaga. Si allontana con un fruscio, richiude la porta alle proprie spalle. Raggiunge un'altra cabina, ma non entra. Rimane in piedi fuori, aspettando qualcosa senza sapere cosa aspetta. Rimane lì per un poco, poi scorre le dita sull'uscio. Anche quella è una carezza, ma la fa senza entrare. Le dita scivolano al crocifisso che porta al collo.

"Padre Nostro, che sei nei cieli. Proteggi mio figlio, proteggi Cortes. Fai la mia volontà. Perchè mi sono stancato di aspettare la tua. Se proverai a portarmi via anche loro, io monterò a cavallo e verrò a riprendermi ciò che mi spetta. E non basteranno le trombe dorate di tutti i tuoi angeli per fermarmi. Perchè io ti amo, ma non quanto amo loro."

Rabbrividisce. Sorride. Ha gli occhi caldi. Prende fiato. Le labbra si muovono, la voce continua a mormorare.

"Padre Nostro, che sei nei cieli. Proteggi Schmidt. Perchè il suo cuore è saldo e la sua mente è veloce. Se avrai mai bisogno di uno di noi per fare la guardia ai tuoi cancelli, scegli lui. E' meglio delle tue schiere di Santi. Ha parlato quando tu sei stato in silenzio."

Prosegue. Raggiunge la cabina successiva. Allunga entrambe le mani sulla porta chiusa, si piega in avanti e ci posa la fronte.

"Padre Nostro. Proteggi Bolivar. Perchè è innocente, e ha il cielo nel fondo degli occhi. E' più bello della Madonna, e in lui brilla la luce che tu ci hai negato. Fa la mia volontà. Perchè morirò per impedire che quella luce si spenga. Per impedire che quel fuoco si affievolisca. Non mi sfidare, o sentirai le fiamme lambire il Paradiso. Proteggi Vandoosler, perchè tuo figlio non era nulla senza la Maddalena, e questo universo è nulla senza gli uomini tuoi figli. Se qualcuno dovrà piangere Vandoosler, lo piangerai tu. Ti terrò la testa a terra a lavargli i piedi con le lacrime."

E' una processione. Si stacca da una porta per attaccarsi a quella dopo. Tiene la croce tra le dita. Nessuno lo sente. 

"Padre Nostro, proteggi Sundance, proteggi il Dottor Adler. Perchè tu hai creato l'universo in sette giorni, loro lo ricuciono da una vita intera. Riparano alla tua distrazione con il sudore della fronte, con il sacrificio, con la testa fina. Con lo studio. Venga il loro regno, nel giorno in cui ci trascineremo e imploreremo la grazia. So che ascolteranno, e tu forse sarai voltato dall'altra."

Restano solo due cabine. Davanti a quella di Red Wright, Sam Hale rimane in silenzio a lungo. Allunga la mano e posa il palmo contro il metallo. Tiene gli occhi dritti.

"Padre Nostro. Proteggi Red Wright. Perchè a me non lo permette. Non lo permette a nessuno. Non lo permette a sè stesso. Proteggi Red Wright, che si è perso, sulla strada di casa. Proteggi la sua famiglia, perchè i figli dei miei fratelli sono miei figli. Le mogli dei miei fratelli sono mie sorelle. Proteggi Red Wright, perchè ho paura per lui. Ma non ho paura di lui."

Si sposta fino all'ultima cabina. Jack Rooster dorme dietro quello strato di metallo. Lui si avvicina, non tocca la porta. La fissa. Lascia una distanza rispettosa tra sè e l'uscio. 

"Padre Nostro. Che sei nei cieli. Proteggi Jack Rooster. Perchè lei si occupa di ciò di cui non ti occupi tu. Proteggi Jack Rooster, che deve ricordare cosa vuol dire essere umani. Proteggi Jack Rooster, perchè lei è la mia gente, la mia terra e la mia guerra. E se gli errori si possono correggere, la libertà non si compra. La si sconta a caro prezzo."

C'è una pausa. Intorno a lui cade il silenzio. Si fa il segno della croce, voltandosi verso il corridoio.

"E se non li proteggerai, ci sarò io a farlo. Ma poi non dire che non ti ho avvisato. Amen."

Sam Hale torna nella sua cabina. Quella notte, dorme profondamente.


Of all the comrades that e'er I had
They're sorry for my going away
And all the sweethearts that e'er I had
They'd wish me one more day to stay 
But since it fell unto my lot
That I should rise and you should not

martedì 16 luglio 2013

Le notti estive a Shijie sono calde e profumate. Ruth Hale si rigira nel letto in una vestaglia di cotone bianco, si leva le lenzuola di dosso per l'afa. Nel sonno, voltandosi, allunga una mano verso il lato del letto di Sam. Non sente il corpo del marito. Apre gli occhi, sollevandosi a sedere perplessa. Le finestre della stanza sono spalancate, per far entrare aria. Fuori si sentono solo grilli notturni. La luce della veranda è accesa. Lei si solleva con un fruscio, i piedi nudi sono silenziosi sul pavimento di legno, mentre esce dalla stanza da letto. Sulla veranda c'è suo marito, quello che non è nel letto a dormire. Sta seduto sui gradini e guarda verso il prato davanti la casa. Guarda verso la foresta scura nella notte. Lei lo osserva da dietro la zanzariera della porta, prima di uscire con delicatezza e richiudere l'uscio alle sue spalle. Scricchiolano i cardini, lui a sente e sospira. Lei avanza, lo raggiunge, posandogli una mano sulla schiena e sedendosi leggera accanto a lui, cercandone il profilo.

"Cosa fai qui fuori?"

"Non riesco a dormire."

Ruth ha una dolcezza fiera e un'eleganza semplice, ha l'anima calda delle donne, delle signore. Sorride del suo uomo, forse perchè sa già cosa gli passa per la testa sotto i capelli castani. Porta una mano alla sua fronte, li accarezza, glieli porta indietro, poi stringe le ginocchia al busto. La piega dei capelli un pò disfatta dal sonno, dal caldo.

"E' ancora per quello che è successo con Rob?"

"Avrei dovuto colpirlo. Quello che ha detto ti ha mancato di rispetto."

"Ha mancato di rispetto ad entrambi. Ma era ubriaco. Colpirlo sarebbe stato scorretto."

"Forse lo meritava. Non l'ho fatto perchè c'era la sua donna presente."

"No, non è vero."

Lei lo dice con dolcezza, questo. Lui si volta a guardarla con gli occhi scuri e interrogativi.

"Non lo hai colpito perchè tu non faresti del male ad una mosca, Sam Hale. Non per una sciocchezza del genere."

"E' questo che credi?"

"Non è così?"

"Io non sono un vigliacco che non sa proteggere la propria famiglia, Ruth."

C'è un momento di silenzio, lei si acciglia.

"Credi che io lo pensi?" Una lunga pausa, poi lo smaschera con cruda dolcezza. "O è il motivo per cui non riesci a dormire? Credi che ora gli altri pensino che sei un vigliacco perchè non lo hai colpito?"

Lui non risponde, abbassa gli occhi arrabbiato come i bambini. Lei viene colta da un moto di affetto che le distrugge il cuore e la fa sorridere, la spinge a cercare di voltarlo, a guardarla.

"Sam Hale, tu non sei un vigliacco. Nessuno lo pensa. Io non lo penso. Sei un uomo coraggioso e buono. Sei un uomo giusto, per questo non hai colpito Rob. Ed è per questo che ti ho sposato, e che sono la ragazza più fortunata di Twin Rivers."

Lui sospira e sorride, le teste si toccano.

"Ti amo."

"Ti amo anche io. Ora vieni a dormire, testardo."




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Sam Hale ha la febbre alta mentre si lascia cadere da cavallo. Atterra per miracolo, le ginocchia gli cedono. Timisoara è costellata di barricate, fatte con sacchi di sabbia e fango caricati a spalle. E' notte fonda, la strada è deserta davanti alla casa di piacere della città. Il bordello. La palazzina che fa sussurrare le mogli e voltare gli occhi delle ragazzine dall'altra parte. Lo raggiunge con passo malfermo, cercando di bussare. Le dita strisciano. Quando la porta si apre lui ricade in avanti, viene afferrato da un paio di braccia femminili, bianche, colte di sorpresa. Rose è la proprietaria. Una volta Schmidt li ha visti parlare, lei si lamentava del fatto che la clientela fosse diminuita dall'arrivo della Flotta. La gente aveva paura di uscire per le bombe. Sam Hale non poteva aiutarla. Si conoscono, lei e Sam Hale. In un modo inaspettato, distante. Fatto di una stima reciproca quanto consapevole delle barriere che li separano. Barriere che sono un pò come le barricate. Lui le rovina addosso, è pallido e sporco del sangue di qualcuno che non è lui. Lei lo sostiene, gli occhi spalancati in un moto di sorpresa e agitazione che si estende alle altre ragazze, che assistono alla scena. Lei le fulmina con lo sguardo, ingoia lo stupore con la pragmatica lucidità delle professioniste.
"Non restate imbambolate. Ho bisogno di acqua. Scaldate del vino e del miele e portate tutto nella mia stanza." 

Quando sono soli lui la guarda con gli occhi lucidi di febbre. Lei gli tampona la fronte con un panno bagnato.

"Hai la febbre alta, Sam."
"Non devi dire a nessuno che sono qui, Rose."
"No, lo so. Non ci crederebbero in ogni caso. Sei troppo rispettabile. Io stessa sono stupita che tu sia qui."
Cerca di fare una battuta, ma sa che è successo qualcosa di terribile. Ha paura a chiedere cosa. 
"Domattina devi tornare dai tuoi, deve vederti un dottore."
"Ho ammazzato una bambina. Si chiamava Hannah. Mi è morta tra le braccia. Ho detto a mio figlio di aprire il fuoco e lui ha ammazzato il fratellino. John. Si chiama come lui. Si chiama come mio figlio."
C'è un lungo silenzio, lei lo fissa con il respiro nel catino d'acqua. Deglutisce, ricomincia a bagnare il panno. 
"Ora mi dici che cos'è successo, Sam. Tu non sei il tipo di uomo che spara ai ragazzini senza ragione. Sei un uomo giusto, Sam Hale. Non sei un assassino."
Lui le spiega. Ha dovuto farlo. Non sapeva che fossero dei bambini. Non hanno risposto ai richiami. Hanno tirato un sasso contro John e lui credeva che fosse una granata. La guerra ci ha fottuto, Rose. La guerra ci ha fottuto. Ho chiesto di fermarsi. Ho detto che li tenevo sotto tiro. Il padre non fiatava, rimaneva nascosto. Pensavo volessero attaccarci.



"Sam Hale, sei un padre anche tu. Se i tuoi figli fossero in pericolo ti faresti ammazzare pur di salvarli. Tuo figlio era in pericolo e hai ammazzato pur di salvarlo. Quell'uomo non ha fiatato. E' rimasto nascosto e li ha mandati avanti come carne da macello. Che padre è? Rispondimi, Hale. Che padre è? E' un vigliacco. Non avevi scelta."



Nella notte d'estate, si sentono le grida delle cicale. 
Sam Hale vuole avere scelta.

Spleen.
Qui si infrange Dio mentre li ignora.
Dio è un bastardo.

giovedì 27 giugno 2013

Giugno 2515


Hanno attentato alla vita dell'Ammiraglio Rose. Hanno fallito. Il cecchino l'ho colpito in mezzo agli occhi, Eric Rose è salvo.
Il Comando ci ha affidato un Brigade e ci ha nominati Vicesceriffi a Timisoara. Arriveranno. Stiamo costruendo barricate di sabbia e fango per contenerli e dare tempo ai civili di scappare sulle montagne. Ancora una volta. La Guerra è di nuovo alle porte, noi combattiamo con le ali ai piedi. Arriveranno, e noi resisteremo. Arriveranno e noi vinceremo. 

"Io non mi sono mai fatto problemi a dire in faccia alle persone quello che penso di loro. Perciò se devo dirti che sei uno stronzo, dico che Sam Hale è uno stronzo, non che la gente è stronza. Right?
Sei un buon soldato, Hale, quando non fai di testa tua. I Pirati non si salvano, si bruciano. La Cragster è una sgualdrina, Hale. Una puttana che sta in un bordello. Se ti sorride è perchè vuole il tuo cazzo."

"Mi piacerebbe essere un brav'uomo, oltre che essere un buon soldato."


"Tu sei un brav'uomo, per tutti gli Dei."

"Se mi metto davanti a te quando vedo un'arma puntata contro il tuo petto non è perchè ti credo una vecchia, cristo. E' perchè credo che tu serva al Rim più di quanto serva io. Se cerco di capire cosa ti passa per la testa quando vedo che stai male, non è perchè sono un frocio e voglio baciarti con la lingua, è perchè non ho nient'altro se non voi. Tutto quello che ho, siete voi. Se non mi prendo cura di voi non ho nulla, lo capisci? Non ho una moglie, non ho più una famiglia, non ho più niente. Ho voi, e quella stronza di Cortes."

Red Wright inchioda con la jeep sollevando una nuvola di polvere sulla strada sterrata. Intorno a loro non c'è nulla, sono isolati in una strada che corre attraverso campi e colline. L'aria è calda e secca. Cerca Hale al suo fianco con lo sguardo duro di ferro, Hale fa lo stesso, si tengono addosso gli occhi e bruciano il silenzio che si sono tenuti per giorni. 

"Ascoltami bene, Hale. Io non voglio diventare un Eroe suicida, probabilmente meno di te. Ho una moglie ed un figlio, spero di crepare tra novant'anni in un fottuto letto. No magari un pò prima, prima di finire su un letto con i pannolini al culo. Ogni uomo è un soldato e tutti valgono uno. Non valgo più o meno di te. E se ieri quella ragazzina ti avesse sparato, tu che sai sparare molto meglio di me eri fottuto ed io ti avrei raggiunto dopo qualche minuto. E chi avresti salvato? Nessuno. Nessuno."

Sam Hale non riesce a dire nulla. Il rumore del motore acceso si scontra contro le cicale accaldate che combattono nella terra asciutta.

"E che Thor mi fulmini. Datti una mossa con Cortes."

"..Una mossa. Ma di che cazzo parli?"

"Io conobbi Eolen dopo la guerra. Un viso conosciuto. Lei è di Winter. Io con le donne non sono mai stato un gran chè. Però lei era quella giusta. Quando gli Dei te la mettono davanti lo Sai. Mi dissi che se me la fossi fatta scappare probabilmente avrei perso l'unica cosa che contava davvero. Al diavolo la guerra ed al diavolo l'indipendenza."

"...."

"Quando vi ho visti al Den ho capito subito che gli Dei vi hanno dato un'opportunità. Tu hai perso una moglie, tanti anni fa. Ma chi combatte per i vivi non può vivere una vita di lutto. Nessun morto vorrebbe che i propri vivi vivano in lutto."


Quando ritorna, una notte, ha appena salvato la vita all'Ammiraglio Rose. Non si sente pieno di orgoglio. Pensa a Red che è rimasto indietro con lui sotto i colpi di un cecchino. Pensa ai proiettili che ha piantato nel cranio di un uomo nascosto lontano, nel buio delle fronde. In mezzo agli occhi. Ha sulla manica del Browncoat il sangue di un Tenente che non ce l'ha fatta. Non è stato abbastanza veloce. E' sudato, si toglie la divisa e si toglie le armi. C'è un respiro alle sue spalle sulla soglia della porta. La voce di Red arriva dalla plancia, sta cantando con Bolton. Wright festeggia la Resistenza. Gli altri non sono ancora tornati, Cortes lo sta fissando. "Siete tornati", gli dice. Lui annuisce. Sono tornati, hanno riportato una nave da guerra. Cortes avanza nella cabina e annusa come le bestie. Cerca il sangue, cerca le cose che lui non le dice. Si muove secca ed elegante come un cane rabbioso. 
"C'è del sangue sulla manica."
"Mh-mh. Lo so. Non è mio."
E' di un uomo che è morto, che non sono io. Si avvicina alla porta della cabina e la chiude. Lei la sente fremere calda di ansia alle sue spalle. La sente avvampare in una roca eccitazione.
"Trova un modo di non farmi chiedere le cose che sto per chiederti."
Lui lo ha già trovato. Si volta e si sente il loro passato schiacciarlo sul collo. Il sangue di lei, il sangue di lui, scorrono sul campo di battaglia sotto alle sassate. Gli uomini che ha giustiziato sommariamente perchè avevano cercato di stuprarla per sfregio, anche il loro sangue scorre. Anche il suo sangue scorre mentre la bacia, la spinge contro un muro. Mentre la issa su un tavolo e le mette le mani tra le cosce. Si incastra nel Mauler, lo strappa dalle sue spalle. Lei ansima, ha gli occhi lucidi. 
"Mi sono dimenticata, ha il colpo in canna."
Lui lo disarma, estrae il caricatore restandole addosso, per non spararle accidentalmente un colpo di perforante mentre fanno l'amore. 
Non pensa. 
Il Dottor Adler prova ad entrare, ma la porta è chiusa, e Red urla in sala di comando. 

La passione è di per sè uno stato di elezione e selezione. Chi ha passione non morirà mai. Accende una scintilla destinata ad alimentare incendi. 

Cosa stiamo facendo?


C'è un lago nella contea di Timisoara. Non è grande. Circondato dalla boscaglia. L'acqua è torbida e calda. L'aria è asfissiante, afosa e spossante. Fa un caldo atroce, sono sudati. Hanno costruito le barricate issandosi sacchi di polvere e arenaria sulle spalle. I vestiti sono sparsi sul prato. Sam Hale e Red Wright riemergono schizzando acqua nella luce del tramonto. Sono nudi e liberi, c'è una gioia semplice che si tende sulla superficie, che lambisce i loro fianchi e i muscoli delle loro spalle piene di cicatrici. Quando Moloko Cortes li scopre, Red le dice spogliati. Vieni anche tu. Sono liberi. Sam Hale guarda il corpo di Cortes e si imbarazza perchè lo ha avuto. Si mette a ridere di se stesso, ha paura che Red Wright lo capisca da come la guarda. Moloko Cortes sbatte le gambe nel lago rabbiosa sollevando onde e strozzandosi. Fumano, giocano come bambini di strada. Poi Wright parla e il mondo esplode un'altra volta. La prende per la gola. 

"Mentre voi sarete con Rooster noi organizzeremo la resistenza su Bullfinch. Forse attaccheranno prima che riusciate a tornare."

Lui lo sapeva. La guarda. Sente l'acqua serrargli la gola anche se è placida come il destino. 
"Cortes, non essere invidiosa di noi."
E' una battuta atroce. Si sente il ventre contorto. Qualcuno lo afferra per lo stomaco e stringe. Lei è orripilata, piange e copre le lacrime con un sorriso violento, sprofondando in apnea. Quando riemerge c'è acqua ovunque, non si capisce quale sia salata e quale sia dolce. Wright non si accorge, mentre Sam Hale avanza e fa finta di giocare con lei che vorrebbero mordersi via la paura. Lui vorrebbe annegarla. 
"Non perdete tempo su Horyzon. Se perdete tempo, noi qui moriremo tutti. I miei uomini saranno in prima linea con me, con le granate, i lacrimogeni e colpi di Gatling."
"Wright sei uno stronzo. Tu non capisci mai un cazzo, non capisci quando è il momento di non calcare la mano." 
Lei scappa, rabbiosa e nuda, disperata, schiacciata da una vita bruciante. Lui rimane a contemplare il disastro e l'emozione, fino a che non sono di nuovo da soli.

"Cortes, non morirà nessuno. Guardami."

Stanno tornando indietro nella notte. Devastati e sporchi di fango. I vestiti bagnati. Si sono divorati di nuovo, come se fosse l'ultima volta. Non riescono a starsi lontani. Lui si sente ancora più libero. Camminano nella notte con i fucili in spalla. Si sente le dita che lo arpionano, si ritrova addosso a lei, le tocca il seno come un ragazzino. Ringhia qualcosa al suo orecchio. "Smetti di fasciarti le tette."
Lei lo spinge. Lo spinge via e grida, accecata da una disperazione rovente e da una gioia spaventosa, selvatica. 
"Ti odio, Hale, cazzo! Ti odio, cazzo, se ti fai ammazzare mentre non ci sono il tuo corpo lo faccio vestire di blu. Ti seppellisco con una divisa Alleata, così Wright ci sputa sopra! Mi hai capito?" Poi lo azzanna.

Sam Hale la guarda e si sente scoppiare di felicità e di terrore. Non ha controllo su nulla. Non questa volta. Ha vent'anni di meno, e sta mordendo la notte. E' al suo posto. C'è una bellezza straziante tutt'intorno a lui. Nei suoi compagni. Nel fuoco che li avvolgerà. 
Questi sono i racconti della ferocia, e del caldo soffocante.



sabato 8 giugno 2013

Giugno 2515


Un tempo, durante la guerra tenevo un diario. Un ordine del giorno. Aiutava a tenere la mente organizzata. A tenere conto degli eventi, dello scorrere del tempo. Lo possiedo ancora. Nella prima pagina chiedevo che venisse consegnato a mia moglie in caso fossi morto. E' morta prima lei, ma continuai a scriverlo. Ora ho deciso di ricominciarlo. Ora, nella seconda guerra. E' una guerra più subdola di quella precedente. Non meno pericolosa. Un tempo tenevo nota del giorno, del mese, dell'anno. Ora terrò nota solo del mese e dell'anno, perchè i giorni scorrono in modo scostante. A volte ne perdo il conto. Se dovessi morire sul campo, vorrei che questo diario venisse consegnato all'Ammiraglio Jack Rooster. Se anche Jack Rooster fosse morta, vorrei che venisse consegnato a Moloko Cortes. Se anche Moloko Cortes fosse morta, potete consegnarlo a chi più desiderate. Non bruciatelo, contiene la mia versione della storia. Verrà tenuto insieme alle pagine relative alla Prima Guerra per completezza.  La Prima Guerra si è conclusa il 29 Maggio 2511. La Seconda Guerra è rimasta latente da allora, ed è ancora in corso. Ha assunto forme diverse. 

Il mio nome è Sam Hale. Scrivo dal ventre della nave di classe Firefly "Almost Home", dove riusciamo a resistere nonostante tutto. Con orgoglio e ostinazione. L'Alleanza ha convinto il Verse che l'Indipendenza è svanita nel nulla. Non è così, prima o poi riusciremo ad uscire allo scoperto, e smetteremo di fare la vita di meri terroristi. Non lo siamo mai stati, anche se abbiamo commesso degli errori. Non giustifico i nostri errori, ma continuo a credere nelle idee che ce li hanno fatti commettere. Credo che la speranza non sia morta. Non per noi, non per il Rim. Credo che la nostra Identità meriti di fare il suo percorso senza essere schiacciata dall'imperialismo alleato.
Red Wright è catturato. L'Ammiraglio Rooster è costretto a contare e ricontare i suoi uomini con il terrore di vederli diminuire giorno dopo giorno. Ogni volta che ci conta, mi trova lì. Ogni volta che ci conterà mi troverà lì. Mi rifiuto di smettere di avere fiducia. Mi rifiuto di lasciarmi soffocare dal dolore e dal senso di colpa. Allo stesso modo rifiuto di abbassarmi al livello alleato e giustificare ogni nostra azione. Non giustifico ogni nostra azione. Sconteremo le nostre colpe di fronte alla storia come non hanno fatto i nostri nemici. Loro non hanno scontato nessuna colpa. Non sono stati chiamati assassini, quando hanno sterminato centinaia di migliaia di civili. Io metto alla gogna me stesso per ogni singolo morto che ho causato. Ma il campo di battaglia giustifica tutti. Sul campo di battaglia smettono di esserci assassini, ci sono solo soldati. Per questo l'Alleanza ha paura ad affrontarci a campo aperto. Lasciandoci nel buio dell'anonimato è in grado di usare la retorica contro di noi.
 E allora lasciatemi morire con la divisa. 
Ho amato delle donne, non molte, e le ho perse. Tutte, per motivi diversi. Ho un figlio, John, che combatte come me, ed è solo un ragazzino. Il nostro mondo è distrutto. Voglio ricostruirlo, e ci riuscirò. L'Ammiraglio Rooster non sa quanto posso essere ostinato. A volte credo che non sappia quanto può essere ostinata lei stessa. Mollerò la presa quando sarà destino che io lo faccia. E quando sarà destino, lo capirò. Ora non è destino. Ora faccio il mio dovere, e lo faccio al meglio che posso. 
Scriverò in queste pagine quello che posso per lasciare una traccia sul mondo. Non permetterò loro di cancellare dalla memoria il coraggio e i sacrifici degli uomini e delle donne che mi stanno accanto. Che mi sono stati accanto. Li porto con me, nella memoria e nel cuore, e lascerò che rimanga segno delle loro vite in queste parole. Se è vero quello che dicono, se è vero che la storia la fanno i vincitori, io farò la mia storia. Noi, faremo la nostra. Se vinceranno, i nostri nomi svaniranno come polvere nel vento. Finchè i nostri nomi rimangono da qualche parte, sia anche il misero diario di un soldato, noi saremo vivi. E fino a che noi saremo vivi, ci sarà speranza che qualcuno si ricordi la bellezza del Rim, la sua forza, la sua gente, le sue tradizioni. Il suo orgoglio. La sua libertà.
Aye, Ammiraglio Rooster. Noi siamo la libertà, non l'odio.

Sam Hale smette di scrivere e fissa la pagina del taccuino. E' seduto in cabina, sulla propria branda. Lo richiude, con cura, riponendolo al sicuro sotto al materasso sottile. C'è un altro taccuino, sotto al materasso. Più vecchio, sdrucito. Sam Hale sistema il materasso di nuovo al suo posto, prima di tornare a sedersi. C'è silenzio intorno. Lui rimane immobile, irrigidito nell'incertezza. Lo sguardo composto e caldo vacilla ora che è solo, per un istante. Solo per un istante. Le dita si infilano in tasca, nei pantaloni della divisa. Estrae un coltellino a serramanico. Se lo rigira tra le dita, poi inspira sollevandosi una manica della maglia. La solleva in alto, la sospinge oltre il gomito dove il muscolo si gonfia, lasciando l'avambraccio libero. Apre il coltellino e risale la propria pelle fino ad una porzione di carne appena al di sotto del gomito, all'interno del braccio. Stringe le dita, mentre la lama affonda delicatamente nella pelle, causando una ferita sottile e dolorosa, bruciante. Trattiene il fiato e lo rilascia ansimando pochi momenti dopo, fissando un taglio preciso e accuminato, dritto come uno sparo, superficiale. Sembra il graffio di un gatto. Aggrotta la fronte e lo porta alla svelta alla bocca, succhiando via un pò di sangue istintivamente. Ripiega il coltello. Abbassa la manica. La maglia si macchia un pò.


giovedì 11 aprile 2013

Fallen

Non ho il tempo di respirare.
Il tempo che ho per respirare, lo impiego per farla respirare.
Sono stato con le mani premute nel petto squarciato di Jack Rooster, e non mi sarei mosso nemmeno se mi avessero sparato alla nuca. Nemmeno se mi avessero giustiziato sul suo corpo.
Lei lo capirebbe. Non ha a che fare solo con l'amore, o con l'affetto. Ha a che fare con l'equilibrio. Con l'impegno, con l'ordine. Con la coscienza. 
Vivo, mi muovo, sogno, dormo, mangio, prefissandomi degli scopi da raggiungere. Uno dopo l'altro, degli obiettivi. Il mio obiettivo è stato prima quello di tenerle il sangue dentro.
Quando il sangue è stato dentro, il mio obiettivo è diventato quello di controllare che ci rimanga. E anche, tenere insieme il gruppo mentre il dolore rischiava di dividerci. 
E' un obiettivo tenere John al sicuro ed impedirgli di farsi accecare dalla rabbia e metterci tutti a rischio.
Mettere a rischio se stesso. Per farlo, sono stato disposto a sorvegliare la sua cabina. Sono stato disposto a richiedere l'intervento di Wright. Ho sperato che parlasse da ufficiale in comando. Lo ha fatto. 
Il mio obiettivo, è gestire le informazioni che ha trovato Maya e fare in modo che arrivino dove devono arrivare. 

Tutto ciò che c'è intorno, devo gestirmelo da solo e metterlo da parte. Le cose che devo fare, non sono scevre di amore. Anzi. Sono animate soprattutto dall'amore. Ma non è con l'amore che vado avanti, è con l'impegno. E' per amore, se proteggo John. Perchè in nessuno quanto in lui rivedo quello che ho perso nel passato. E' per amore, se tremo di paura ogni volta che guardo Jack su quel letto. Per amore nei suoi confronti, e per paura di ciò che potrebbe accadere se dovessimo perderla. 
Ma so con ogni fibra di me stesso che il mio intero corpo lo sto usando per fare quello che è il mio compito fare. Aiutare a far sì che si mantenga l'ordine, e che si mantenga il controllo.
Un controllo che non sono certo di avere, spesso. Non so nemmeno dove troviamo la forza di andare avanti. Nessuno di noi. Sembra che ci sia sempre un girone più basso in cui cadere. Sembra che non riusciamo a tornare in piedi. Eppure mi nutro della consapevolezza che succederà.
Siamo destinati a rialzarci, perchè non abbiamo altra scelta che farlo.
E quando ci saremo rialzati, cammineremo. E ogni volta, cercheranno di metterci in ginocchio di nuovo.
E ogni volta noi continueremo a camminare.
Per questo ho bisogno che John non sprechi energie. Perchè avrò bisogno di lui. Tutti ne avremo. E lui avrà bisogno di noi. 
Non riesco a vedere il mio futuro. Ho smesso di cercare di spingere lo sguardo troppo in là. E' come morire alla fine di ogni giornata, con la consapevolezza di poter risorgere il giorno successivo, per fare di nuovo la propria parte. Un'altra volta. Ancora, e ancora.
Non smetterò mai di farlo. 
Nessuno può togliermi la libertà di combattere, ma nessuno può togliermi neanche la libertà di sperare.
E allora io spero. Ci metto la stessa fatica, la stessa forza, la stessa convinzione che potrei mettere nell'odiare qualcuno. Mi consuma allo stesso modo. E' altrettanto inevitabile.

Vorrei poter dare ad ognuno di loro quello che hanno diritto ad avere. Vorrei dare un padre a John. Vorrei dare una vittoria a Jack, vorrei darle il riscatto per il sangue che ha versato tra le mie mani. Vorrei dare a Wright il supporto che merita. Vorrei dare a Klaus un motivo per sentirsi meno solo nell'universo. Vorrei dare un compagno a Maya, un marito, uno che possa vedere e non solo pensare, sperando che non sia morto o arrestato. Uno che non la metta in pericolo perchè ci sono cose che vengono prima di loro. Uno che possa dirle tutto, e non viva di segreti necessari che deve leggergli tra le righe del silenzio. Vorrei dare una famiglia a Cristobal, vorrei ridare a Kraviz la voglia di credere in qualcosa che non sia io. Che non sia un disperato che non è capace di arrendersi. Che non è capace di fare molte cose che forse dovrebbe fare.
Provo a dare a ciascuno di loro l'unica cosa che possiedo. 
Me stesso. Al meglio che posso.





"Vorrei che mio figlio avesse i tuoi occhi."

La vita e la morte mi scavano dentro senza uccidermi.

venerdì 29 marzo 2013

Flowers/The Station

I giorni si susseguono quasi identici. Uno dopo l'altro. Molti sono stati impastati tra loro dai deliri della febbre alta, li ricordo a malapena. Ho memorie brevi e sconnesse. Ma ricordo bene le cose che ho visto. I sogni e gli incubi.

Buio.
Siamo in un campo. E' un campo di avena, sono spighe sottili e scosse dal vento. Marciamo. Teniamo le armi imbracciate. Davanti a noi c'è Jack Rooster, è a cavallo e tra le mani tiene una bandiera. La bandiera è a brandelli ma sventola comunque. Noi marciamo e mentre avanziamo si aggiungono altri. Emergono dalla foresta. Sterling si avvicina e si mette a marciare con noi. Sta bene, ci sorride. Anche Black e i suoi si mettono a marciare, esce dalla foresta e dalla nebbia come i demoni, al collo una collana d'osso. Ci guardiamo e lui sogghigna. Mi impensierisce. Ma cammina con noi anche lui, tutti dietro la bandiera. Andiamo avanti. Guardo Jack sul cavallo, lei non guarda verso di noi, lei guarda avanti a sè, non riesco a vedere il suo volto. Dal bosco e dai campi arrivano altri. Hanno forconi, zappe. Stavano lavorando. Si mettono a marciare con le falci nel campo di avena. Un tuono, sopra le nostre teste. Non capisco se sono le bombe o il temporale, ma poi inizia a piovere. Mi bagna il volto. Nel mondo reale, ero madido di sudore. Guardo il cielo, e di nuovo Jack. L'acqua le cola tra i capelli scuri, addosso. Ha un colore strano. Mi guardo le mani, non è acqua. Sta piovendo sangue. Un uomo grida alle nostre spalle.
"Camminate, corvi e tempeste! Camminate! Santi e maledetti, puttane e assassini! Vostro sarà il regno dei cieli. Camminate, che v'hanno costretto a vagare senza pace come i morti nel giorno degli Spiriti! Qui chi non terrorizza si ammala di terrore."
Non capisco le cose che dice, ma la gente inizia a fermarsi. Non so perchè, ma non voglio che succeda. Allora grido anche io. Mi volto verso di loro e sollevo il fucile, e grido.
"Chi si ferma è perduto e morirà da arreso!"
Loro ricominciano a camminare. Sento Jack voltarsi a guardarmi e la bandiera strappata sventolare. Non so che sto facendo. 


Il covo su Greenfield è intelligente e accogliente, se non fossimo tanti e se non fossimo prigionieri al suo interno. Braccati come le lepri. Da quando mi sento meglio e sono fuori pericolo ho troppo tempo per pensare. Cerco di darmi tregua dalle preoccupazioni a volte, finisce che mi torturo solo di più.
Penso a Maya e ai suoi capelli rossi. Mi fa sentire palpitante di vita, vorrei uscire e andare a cercarli. So che non posso farlo, come non posso fare molte altre cose. Alimenta la rabbia che normalmente uso con più coscienza. La accende a tratti di speranza, altre volte di disperazione. Forse moriremo. 





Mi guardo intorno e vedo un gruppo di persone che sta rischiando ogni cosa per me.

Io rischierò ogni cosa per loro.


"vi braccano come bestie."
"Hanno paura."
"vi chiamano terroristi."
"se significa mettere paura all'Alleanza anche se chiusi in un buco e vestiti di stracci,
allora siamo terroristi."



"Non siamo mai stati così vicini.
Mi manchi. Devo averti addosso per dirti come."




Non possiamo fare altro che aspettare e pregare. Fumo molto. Io e Klaus dormiamo nel nostro stesso sangue. Sterling le hanno bucato il torace. Il Saloon lo hanno riempito di morti innocenti. Perchè è così che fanno. Ricordo le parole di quel beccamorto di Wolfwood. Una mostra per parlare della pace. Volevo dirgli non ci sarà mai la pace finchè non potremo scegliere la nostra.




Non smetteremo mai di combatterli.
Non perchè vogliamo, perchè dobbiamo.
Non ricordo il momento in cui ho ricominciato e nemmeno ricordo se ho davvero mai smesso.
Succede senza che io mi accorga, con naturalezza, come i fiori quando nascono.





Buio.
Ci sono fiamme nel bosco. Brucia ogni cosa. Io cammino tra fuoco e cenere. I carboni ardenti cadono tutti'intorno a me. Sento un rumore alle mie spalle e mi volto. A guardarmi, una creatura alta, slanciata. Ha grandi ali che si consumano per il calore, le piume impazzite per l'aria bollente. Ha i tratti di donna e di uomo insieme, non capisco cosa sia. Ma mi osserva. 
"Sam Hale."
Chiama il mio nome. Io continuo a fissarlo.
"Sono io."
"Ripuliscilo entro domani mattina."
"Sì, Signore."

Mi guardo intorno. E' l'inferno. Devo ripulire l'inferno. Meglio tirarsi su le maniche.

venerdì 22 marzo 2013

Rain

"Ma è vero che lo sai fare? Timothy dice che non è vero che lo sai fare."
"Timothy è un bugiardo, lo sai. Perchè continui ad ascoltare quello che ti dice?"
"Non lo so. Mi regala una mela a volte, dopo la scuola."
"Ti compra con le mele. Stai zitto. Hai sette anni, che vuoi capirne."
"Tu ne hai dodici, non è molto più tanto di me."
"Più grande. Quella roba che hai detto non significa nulla."
"Insomma, lo sai fare o no? Dice che sai colpire una lepre in corsa, giù nel campo, da sopra il capanno di tuo padre. Ma che non è vero. Che sono sciocchezze. Che sei tu che lo hai detto e allora lo hanno detto tutti."
"E' vero. Ma non si capisce niente quando parli."
"Voglio vederlo. Mi insegni?"
"Sei troppo piccolo per tirare con l'arco."
"Andiamo al capanno. Sam. Sammy, ti prego."


Il vento fendeva dolce i sigilli del mio futuro. Sai cosa dicono del vento, che ti accarezza e senza che te ne accorgi ti uccide. Ti soffia addosso e diventa tempesta. In estate si gonfiano nubi profumate, corro nei prati. Piove. L'odore è umido e selvaggio.
Mi scoppia il cuore.
Sono in cima al mondo. Sono libero, e forte.
Non mi avrete mai. Strappo l'erba con le mani mentre ci corro in mezzo.
Venite a prendermi. Questa è la mia terra, questa è la terra di mio padre.
Timothy mette in dubbio il mio nome e il nome di mio padre.
Cado, mi sbuccio le ginocchia e rido. Sprofondo nell'erba odorosa, guardo le nuvole e sento i tuoni lontani farsi vicini.



"Aiutami, dammi una mano. Non riesco a salire."

"Qui. Vedi qui, metti il piede. Dammi la mano."
"Siamo in altissimo!"
"Guarda il campo."
"Io non vedo nessuna lepre però."
"Bisogna saper aspettare. Respira. Il campo ha i suoi ritmi. Tu ne fai parte. Io ne faccio parte, la lepre ne fa parte."


La corda si tende, scricchiola.
Scricchiola anche la porta di una casa bruciata, macerie inconsistenti.

"Sam! Ecco la lepre! Eccola, corre! Eccola, la vedo, è lontana!"

"Io sono la lepre. Tu sei la lepre. Respiro."


...




"..L'hai colpita! E' incredibile! L'hai colpita davvero! Presto, andiamo a vedere!"

"Poi la portiamo a Timothy, gliela lasciamo davanti la finestra."
"L'hai passata da parte a parte, in mezzo al cranio. Guarda che roba."



Io sono la lepre. Tu sei la lepre. Guarda che roba.

giovedì 14 marzo 2013

The Apocalypse

"Hale! Questa gente è stremata. Non ci arrivano rifornimenti sufficienti da settimane. Ci sono dei bambini, delle donne. Due di loro sono incinte. Non abbiamo abbastanza cibo per tutti."
"Come siamo messi a coperte?"
"Ne abbiamo per metà di loro."
"Medicine?"
"Non ne abbiamo nemmeno per noi."
"Hale. Ho una comunicazione dal comando, chiedono di parlare con l'ufficiale a capo delle operazioni."
"Non c'è. Un attimo, Sykes. Big Rob, vieni qui. Prendi degli uomini, andate a caccia."
"A caccia, Sam?"
"A caccia, non abbiamo cibo per tutti. Questa gente deve mangiare. Al tramonto a rapporto con quello che avete preso."
"Hale, chi è l'ufficiale a capo?"
"E' morto."
"Quindi cosa dico a questi?"
"Non lo so. Non lo so. Un momento."
"Hale.. L'acqua è agli sgoccioli."
"La precedenza alle donne incinte e ai bambini, iniziate a razionare. Due porzioni per loro, una porzione a tutti gli altri."
"E i nostri feriti?"
"Una porzione. Ascoltami, Sykes. Non abbiamo altra scelta."
"Hale, chi diavolo è al comando qui? Non so più cosa dire!"
"Ho capito, per dio!"
"Sam. L'ufficiale con il grado più alto sei tu."
"..Passameli."

Il cielo di Greenfield al crepuscolo mi ricorda quello di Shijie. Ma è meno bello. Il cielo di Shijie mozzava il fiato. Era ampio, si apriva a vista d'occhio sulle foreste, sulle scarpate. Con i suoi colori, con l'azzurro brillante e l'arancio di fuoco, e le nuvole scure, bluastre. Terso e orgoglioso. Hanno detto che siamo stati agguerriti, a Shijie. Eravamo solo disperati e innamorati del nostro cielo. Ricordo le navi Alleate fenderlo, e noi con gli occhi rivolti verso l'alto e i cuori in gola, preparandoci alle esplosioni. Ho pensato al cielo di Shijie in questi giorni, mentre ero ospite al Black Oak Ranch. Mentre mangiavo cibo vero, bevevo acqua fresca, dormivo in un letto pulito e accogliente. In mezzo a pascoli fertili, con cavalli lucenti come non ne avevamo nemmeno noi. Per qualche istante ho pensato a come sarebbe.
Fermarsi lì.
Trovare una brava ragazza. Risposarmi, magari. Magari no. Avere i miei cavalli, occuparmi del bestiame.

Elizabeth Lightwood, io ho visto tuo padre morire a Serenity Valley e non te l'ho detto.
Perchè voglio che tu abbia la tua immagine di lui.
Non devi sapere com'era la verità. Non devi sapere che ne è stato dei loro corpi.

Ma poi guardo il cielo, e lo sento palpitare immenso. Più grande di me. E ricordo le navi solcarlo. Non è solo rabbia, quella che sento. E' speranza. Inevitabilità. Un fuoco caldo e continuo che mi brucia nel petto. Kraviz dice che sembro un bambino, quando guardo il cielo e parlo di libertà. Penso che mi consideri un ingenuo. Un sognatore. Non sono certo che mi importi. Lo hanno fatto in molti. Anche Cristobal, a modo suo. Non capiscono. Non mi importa. 
Ma Kraviz capisce cosa vuol dire credere nel nostro cielo, lei che è nata nel Core. Lei che è della stessa gente di Lars Wolfwood. Eppure Lars Wolfwood l'ha guardata come guarda me, con la sintetica superiorità delle parole educate, tese ad un interesse comune che esiste solo sulla carta. Lars Wolfwood si veste di seta e parla come velluto, ma pretende che io lo consideri un pari. Lo guardi senza pregiudizi. Lo farò con lui quando si vestirà come noi, quando mi chiederà onestamente di spiegargli cosa ci vedo nelle nostre terre riarse dalla povertà. Non lo farà mai. Perchè in fondo non gli interessa. Kraviz invece si è spogliata e si è immersa. Kraviz è una di noi. L'ha capito anche lui.
Mi fido di Kraviz. Profondamente. Sono felice di averla accanto.
L'ho guardata negli occhi e lei ha capito che dovevo andarmene da Greenfield. Dovevo andarmene dal Ranch. Si è messa a lavorare in silenzio, si è messa ad ascoltarmi davvero. Non ha bisogno di essere d'accordo con me per rispettare i miei sentimenti. Kraviz è più combattiva di quanto creda lei stessa.
Come Cristobal, si è arresa alla delusione. 
Cristobal mi scivola tra le dita come la sabbia. Devo lasciarlo andare. Devo permettergli di vivere le sue decisioni. Devo fidarmi di lui, lui deve fidarsi di me. Non lo sto abbandonando, lo sto lasciando andare. Mi sforzo di non essere terrorizzato. Ma prego per lui, spesso. Non prego più molto spesso, da anni, ma prego spesso per lui. Andrà bene, devo avere fiducia, ci rivedremo. Parleremo. Mi ha detto che sarà così, e io mi fido di lui. Io gli farò vedere che ho scelto la mia battaglia, e che possiamo vincere la guerra.

Sono tornato a Safeport. Ho inspirato l'aria malsana e violacea di Sunset Tower. Per un istante mi sono sentito tremare.
Ho cercato, e ho trovato. Tra le mura di una vecchia fabbrica dimessa, dove la nostra gente dorme ammassata per pochi dollari. Il Capitano Rooster mi guarda, si porta addosso le cicatrici di cose che ho visto anche io. E mi dice che gli altri non possono capire. 
E' vero.
Ora sono nella stanza sette. C'è una branda sfondata e nient'altro. Ho posato la sacca a terra. Entra aria fredda da una finestra rotta. Sono vivo.
Sto lasciando ogni cosa, per la seconda volta.


"Hale, dovete cercare di resistere ancora un pò."
"Noi non smetteremo mai di resistere, signore."

giovedì 7 marzo 2013

Guilt

"Dovrai scegliere, Hale, dovrai farlo per te stesso.
Non puoi combattere su tutti i fronti."
Non è colpa tua. Non è colpa di quelli che combattevano in trincea.

Ho passato giorni a grattare con le unghie nelle pieghe di Sunset Tower. Cristobal mi è scivolato via tra le dita prima che potessi rendermene conto. Lo ha fatto volutamente, incautamente. Sapeva che lo avrei capito. Sapeva che mancando l'appuntamento mi avrebbe messo in allerta. Lo ha fatto comunque, ed è andato da Black. La certezza l'ho avuta solo quando me lo ha rivelato lui stesso. Quando si è ripresentato come se non fosse successo nulla, con un piatto di scuse per avermi lasciato all'oscuro di qualsiasi cosa, da solo su Safeport, senza direttive. Black si compra tutto il carico, lui glielo ha venduto. Quel poco che so di Black, va contro qualsiasi cosa io abbia mai creduto nella vita. Magari gli ideali non contano più niente se non per me. 

Che cosa succede quando non ci sono io? Vi girate i pollici?
Chi controlla che la gente faccia il proprio lavoro? Non c'è questo ruolo sulla nave? 
Ha importanza il nome?


Si chiama Secondo in comando. Non avrebbe importanza il nome, se avesse importanza il concetto. Mi sono rotolato giù per le scarpate cercando il suo cadavere, una volta che ho collegato Ice Clown a Black. Non ho dormito. Ho continuato a cercare. Ma mentre io lo cercavo, pregando Dio che non fosse andato da lui da solo, lui era là da solo e gli vendeva tutto il carico. Ad un pirata senza scrupoli. 
Cercando lui, per caso, ho trovato Red Wright.
Non lui in persona. Una con il Browncoat e l'aria di conoscerlo. Le ho detto di portargli un messaggio da parte mia. Di dirgli che lo cercavo. Da quando siamo usciti da quell'ufficio della Blue Sun non faccio che pensare a Red Wright. Fin dall'inizio, il mio obiettivo era dirgli di quelle duecento armi. 
Inutili. Completamente.
Lui lo ha capito subito. Io lo sapevo da prima. Dopo notti senza sonno, mi sono trovato seduto al Crook Saloon a guardarlo in faccia a parlargli di una manciata di armi senza valore. Duecento revolver neri con due colpi in più e meno rinculo di un Python, di cui nessuno si farebbe niente. Tranne la Blue Sun, perchè costano il doppio di una Neocolt. Vanno bene per i figli ricchi dei corer che vogliono giocare a fare i ribelli. Non ci faranno vincere una guerra che abbiamo perso anni fa. E io invece bruciavo dalla voglia di trovarmi seduto davanti a quell'uomo e dirgli "compra le mie armi". Mi ha guardato in faccia e io mi sono svegliato.
Perchè vuoi vendermi armi che nemmeno tu avresti usato?
E' vero. Non le avrei mai comprate, se fossi stato in lui. Non le avrei comprate nemmeno se fossi stato in me stesso. Non hanno alcun tipo di valore, nel Rim. Ne avrebbero se costassero la metà di quello che costano. Mi sono sentito male, per quanto era evidente. Non sono un trafficante di armi. Non ragionerò mai con la testa di un trafficante. Continuerò per sempre a ragionare con la testa di un uomo che ha dedicato gran parte della vita ad un ideale in cui nonostante tutto non riesce a smettere di credere. Nonostante mi stia corrodendo. 
Sono idealista, ma non sono cieco. Ci sono cose che abbiamo sbagliato tragicamente. Non si possono correggere. Ultimamente mi rendo conto di non riuscire a fare altro che pensare al Verse. Alle sue divisioni. Ho smesso di pensare ai miei lutti personali, per non fare l'errore di farmi guidare dalla rabbia e non dalla speranza. Era il mio trucco, anche durante la guerra. Ma non so quanto mi sia servito. Di certo non è servito alla mia famiglia, di certo non è servito a tutti i compagni che sono morti al posto mio. A volte penso che non sia servito nemmeno a tutti i soldati dell'Alleanza che sono morti e non lo meritavano, e a tutti quei soldati dell'Alleanza che non sono morti e vorrei aver ammazzato con le mie mani, se questo avesse potuto fare qualche differenza. 
Red Wright mi ha guardato come si guardano i deficienti. Immagino abbia fatto bene. Non mi sono mai sentito così cretino in tutta la mia vita, quando ho realizzato il motivo reale per cui stavo di fronte a lui. 

"E tu avevi una risposta?"
"Erano gli unici a cui avrei voluto venderle. Ha ragione lui. Non le avrei comprate. Inutili e pretenziose, troppo costose. Chiunque abbia combattuto nella guerra sa gestire il rinculo dei Python, i suoi uomini lo sanno fare. Due proiettili in più non sono un buon motivo per pagare tutti quei soldi. Non siamo gente del Core. Sono stato seduto su delle fottute poltrone di Horyzon, e poi sono andato a cercare di vendere delle armi di merda a Wright solo per trovarmi seduto con lui e avere la sensazione di fare ancora parte di qualcosa."


Avevo una risposta. Non è detto che sia una risposta facile. Cristobal mi guarda e mi vede spaccato. Io che mi sforzo tanto di essere saldo anche per lui, anche per il padre che non ha avuto, devo essergli sembrato come una piuma nell'universo. Almeno lui sa qual'è il suo posto. E' un posto che non so se potrò mai condividere, ma lui sa qual'è il suo posto. Me lo ha detto chiaramente. Il suo posto è a difendere un angolo di spazio dove costruirsi uno straccio di vita che possa dargli qualche soddisfazione. Lo possiamo davvero biasimare? Non credo. E' nato troppo tardi per partecipare a questa follia, e troppo presto per esserne completamente distante. 
Non dovrebbe essere questo, il nostro obiettivo? Non dovrebbe essere quello di dare a loro un luogo e un'identità in cui vivere le loro vite liberi? Liberi dall'Alleanza, liberi dalla miseria, liberi dagli strascichi del nostro odio. Liberi dagli strascichi dei nostri rimpianti. 

"La guerra durerà per sempre. Ci sarà sempre un'Alleanza e un'Indipendenza.
Possiamo solo ritagliarci il nostro angolo."

Io so che non sarò mai in grado di arrendermi. Non lo credo. Non ci credo a questa cosa. Nulla dura per sempre. Nemmeno le stelle, nemmeno i pianeti. Nemmeno lo spazio stesso, forse. E in fin dei conti, sono disposto ad ammettere che non saremo mai in grado di rovesciare l'Alleanza. Non credo che sia necessario, se i nostri sforzi fossero tesi a costruire un'alternativa sia all'Alleanza, sia a questo continuo massacrarsi insensato. Ma non lo otterremo certo facendo i ladri e i disperati. Potrei imbracciare di nuovo le armi per questo? Ogni giorno della mia vita. Posso mettere da parte la lucidità su quanto sia complessa la realtà in cui viviamo? No.
Dall'altra parte, non posso dimenticare a cosa sono arrivati. Non posso dimenticare il modo in cui ci guardano. Il modo in cui hanno raso al suolo la mia terra. Il senso di tragica meticolosità che ho percepito guadando la cenere ricoprire Shijie. Lo hanno fatto con lucida precisione, passando su qualsiasi cosa. Vite. Donne. Bambini. Non posso accettare di perdonarli, ma non posso nemmeno giustificare la cieca rappresaglia come unica alternativa. Non ho studiato nelle Università, ho imparato a leggere e a scrivere usando i testi sacri, in una scuola composta da una sola stanza. 
Ma nessuno può impedirmi di pensare con la mia testa. Non l'Alleanza, non il Dolore, non la Rabbia, e nemmeno il mio affetto per Cristobal. 
Non so dove sto andando. Mi sono perso. So solo che non posso fare come lui. Non posso smettere di credere che ci sia una strada diversa. Forse è questo che intendono quando parlano dei non arresi.
Forse non mi sono mai arreso, nonostante sia stato disgustato oltre il limite dell'umana sopportazione. Forse non mi arrenderò mai. Non posso d'altra parte nemmeno costringerlo a combattere una battaglia che non è la sua.

In questo silenzio violento che riempie la mia vita, l'unico pensiero che mi permette di riposare qualche ora ogni tanto è il ricordo di quella donna. Maya. Non riesco a ricordarne il cognome. Ricordo la sua voce e i suoi occhi mentre mi diceva che sono trascurato. Trasandato. Privo di cura per me stesso. Avrei voluto dirle che non ho il tempo, non lo spazio, forse non ho davvero nemmeno i motivi per prendermi cura di me stesso. Non credo di averlo mai avuto, per un motivo o per l'altro. C'era sempre qualcosa per cui combattere, o qualcosa per cui lavorare. Ma starle di fronte mi ha fatto ricordare quanto mi sono messo da parte in questi anni. Mi ha fatto pensare alle cose che non abbiamo nel Rim. Donne come lei, questo è certo. Quando mi ha accarezzato, sulla Mistress, ho sentito gli occhi dei Corer guardarla con il prurito disgustoso del giudizio, come se stesse toccando un appestato, uno straccione. Non la rivedrò mai più. Ma quel momento così inutile, se confrontato con il grande disegno delle cose, è l'unico pensiero che mi permetta di sentirmi vagamente meno stanco in questi giorni. Forse perchè è l'unica cosa privata che mi sia rimasta. La stupida infatuazione momentanea per una donna che non avrò mai, che non conosco, che ho visto da lontano. E che guardare da lontano è l'unica cosa che mi sarebbe stato concesso fare in ogni caso, perchè appartiene a quella fetta di cielo che quelli come noi, come me, non possono avvicinare. 
Non sono certo di sapere se sto andando alla deriva, o il mio corpo cammina in una direzione che non comprendo.

mercoledì 6 marzo 2013

The Tight Rope

Io lo avevo capito. Prima che iniziasse la battaglia, quel giorno a Serenity Valley. Lo avevo capito da tempo, che era finita. Avevo capito che sarebbe stato un massacro senza via di scampo. Non avevo altra scelta che provare a fare la mia parte. Guardavo Isaiah, con i capelli scuri e gli occhi terrorizzati prepararsi insieme agli altri. Isaiah stava per morire per una guerra che non capiva, invece che essere a correre nei campi. Io alla sua età costruivo rifugi sugli alberi da frutta, lui sta cercando di rimontare un fucile troppo grosso per lui.
Quand'è che siamo arrivati a questo? Ricordo il momento in cui gli uomini hanno iniziato ad essere troppo pochi. Allora abbiamo preso i ragazzini, e i vecchi. Ho cercato di proteggerlo il più a lungo possibile, e ora lo guardo e penso che morirà con me. Qui. Oggi. Non è giusto.

"Ehy, campione..."
"...Ciao."
"Come stai?"
"Sto bene. Non ho paura. Guarda, ho quasi finito."
"Lo vedo. Sei diventato più veloce, sai?"
"Lo so. Sono quasi più veloce di Syles."
"..Il caricatore è al contrario, non lo inserirai mai così.."
"Oh. Scusa, capo."
"Isaiah. Metti giù questo fucile, devo parlarti. Vieni qui."
"E' l'ufficiale che mi deve parlare? O.."
"No, non è l'ufficiale. Voglio che mi ascolti bene, adesso."
"..Ti ascolto."
"Vattene. Vattene via. Ti coprirò io. Ci sono dei malati, partiranno stasera, li rimandano a Polaris.
Voglio che fai come ti dico, ti manderemo con loro."
"...Di cosa stai-"
"Isaiah."
"Ma questa è diserzione."
"Lo so."
"No. Io voglio combattere come fanno tutti. Come fanno tutti gli altri. Sono capace. Ho fatto bene le ricognizioni, in tutti questi mesi, e.."
"Questa non è una ricognizione. Non è neanche un'imboscata."
"Ma io non voglio lasciarti da solo. Se ti succede qualcosa e io non ci sono..?"
"Non mi succederà nulla. Andrà tutto bene. Ma tu devi tornare a casa."
"Io lo so cosa pensi. Pensi che moriremo tutti. Stai cercando di salvarmi e prenderti tu le responsabilità. Lo fai sempre."
"Sono un tuo superiore, posso ordinartelo."
"Non puoi ordinarmi di violare le regole."
"..Ti prego."

Mi disse di sì. Poi fece il contrario. Quando mi resi conto che non era scappato eravamo già sul campo di battaglia. 
Ricordo i colpi di Mauler fischiarmi nelle orecchie, come stormi di cornacchie. Gli uccelli strappare carne dai corpi. Chiunque non sia stato a Serenity Valley non sa cosa sia l'inferno. Dopo, spesso mi sono chiesto quali cose orrende dovevano accadere sulla Terra Che Fu, per tramandarci il concetto stesso, dell'inferno, senza aver visto Serenity Valley. 
Correvo. Il sudore mi accecava. Ho sentito il terreno tremare, qualcosa sbalzarmi in avanti. Quando ho riaperto gli occhi non sentivo nulla, non vedevo niente se non polvere e fumo. Dalla polvere, ho visto emergere la sagoma di un soldato. Ne è uscito come se fosse fatto di polvere anche lui. Era un soldato nemico. Gli ho visto puntare il fucile verso di me. Sapevo che sarei morto, lo guardavo negli occhi. Il soldato ha sparato. Non sono morto. Qualcosa di leggero e caldo mi è caduto tra le braccia, invece. Come le colombe, quando vengono colpite dai cacciatori.
Ho abbassato gli occhi sul corpo di Isaiah.
Si è messo davanti. E' morto lì, senza dire nulla. Non si dice nulla, prima di morire, nella realtà.
Si muore e basta.
In quell'istante, è morta l'Indipendenza. Era morta prima, ma per me abbiamo perso in quell'istante. Mentre stavo seduto in mezzo al campo di battaglia con il suo corpo tra le mani, e pensavo che lo avevamo ammazzato tutti noi. 

Cristobal non è mio figlio, questo lo so. Ma ogni volta che lo guardo, non riesco a non vedere la solitudine, l'abbandono, l'assenza di principi a cui abbiamo costretto i ragazzi come lui. Sono i figli della guerra. Cresciuti orfani, abbandonati nella miseria. Qualsiasi cosa farà Cristobal, sarà giustificato. La responsabilità è nostra. E' dell'Alleanza. E' nostra, che non abbiamo saputo opporre un'alternativa che non fosse resistere ciecamente. 
Cristobal non è mio figlio, ma qualcuno gli deve un padre. 

Fumo ancora le Cheltenham nere. Ma abbiamo bisogno di qualcosa di più grande.