venerdì 29 marzo 2013

Flowers/The Station

I giorni si susseguono quasi identici. Uno dopo l'altro. Molti sono stati impastati tra loro dai deliri della febbre alta, li ricordo a malapena. Ho memorie brevi e sconnesse. Ma ricordo bene le cose che ho visto. I sogni e gli incubi.

Buio.
Siamo in un campo. E' un campo di avena, sono spighe sottili e scosse dal vento. Marciamo. Teniamo le armi imbracciate. Davanti a noi c'è Jack Rooster, è a cavallo e tra le mani tiene una bandiera. La bandiera è a brandelli ma sventola comunque. Noi marciamo e mentre avanziamo si aggiungono altri. Emergono dalla foresta. Sterling si avvicina e si mette a marciare con noi. Sta bene, ci sorride. Anche Black e i suoi si mettono a marciare, esce dalla foresta e dalla nebbia come i demoni, al collo una collana d'osso. Ci guardiamo e lui sogghigna. Mi impensierisce. Ma cammina con noi anche lui, tutti dietro la bandiera. Andiamo avanti. Guardo Jack sul cavallo, lei non guarda verso di noi, lei guarda avanti a sè, non riesco a vedere il suo volto. Dal bosco e dai campi arrivano altri. Hanno forconi, zappe. Stavano lavorando. Si mettono a marciare con le falci nel campo di avena. Un tuono, sopra le nostre teste. Non capisco se sono le bombe o il temporale, ma poi inizia a piovere. Mi bagna il volto. Nel mondo reale, ero madido di sudore. Guardo il cielo, e di nuovo Jack. L'acqua le cola tra i capelli scuri, addosso. Ha un colore strano. Mi guardo le mani, non è acqua. Sta piovendo sangue. Un uomo grida alle nostre spalle.
"Camminate, corvi e tempeste! Camminate! Santi e maledetti, puttane e assassini! Vostro sarà il regno dei cieli. Camminate, che v'hanno costretto a vagare senza pace come i morti nel giorno degli Spiriti! Qui chi non terrorizza si ammala di terrore."
Non capisco le cose che dice, ma la gente inizia a fermarsi. Non so perchè, ma non voglio che succeda. Allora grido anche io. Mi volto verso di loro e sollevo il fucile, e grido.
"Chi si ferma è perduto e morirà da arreso!"
Loro ricominciano a camminare. Sento Jack voltarsi a guardarmi e la bandiera strappata sventolare. Non so che sto facendo. 


Il covo su Greenfield è intelligente e accogliente, se non fossimo tanti e se non fossimo prigionieri al suo interno. Braccati come le lepri. Da quando mi sento meglio e sono fuori pericolo ho troppo tempo per pensare. Cerco di darmi tregua dalle preoccupazioni a volte, finisce che mi torturo solo di più.
Penso a Maya e ai suoi capelli rossi. Mi fa sentire palpitante di vita, vorrei uscire e andare a cercarli. So che non posso farlo, come non posso fare molte altre cose. Alimenta la rabbia che normalmente uso con più coscienza. La accende a tratti di speranza, altre volte di disperazione. Forse moriremo. 





Mi guardo intorno e vedo un gruppo di persone che sta rischiando ogni cosa per me.

Io rischierò ogni cosa per loro.


"vi braccano come bestie."
"Hanno paura."
"vi chiamano terroristi."
"se significa mettere paura all'Alleanza anche se chiusi in un buco e vestiti di stracci,
allora siamo terroristi."



"Non siamo mai stati così vicini.
Mi manchi. Devo averti addosso per dirti come."




Non possiamo fare altro che aspettare e pregare. Fumo molto. Io e Klaus dormiamo nel nostro stesso sangue. Sterling le hanno bucato il torace. Il Saloon lo hanno riempito di morti innocenti. Perchè è così che fanno. Ricordo le parole di quel beccamorto di Wolfwood. Una mostra per parlare della pace. Volevo dirgli non ci sarà mai la pace finchè non potremo scegliere la nostra.




Non smetteremo mai di combatterli.
Non perchè vogliamo, perchè dobbiamo.
Non ricordo il momento in cui ho ricominciato e nemmeno ricordo se ho davvero mai smesso.
Succede senza che io mi accorga, con naturalezza, come i fiori quando nascono.





Buio.
Ci sono fiamme nel bosco. Brucia ogni cosa. Io cammino tra fuoco e cenere. I carboni ardenti cadono tutti'intorno a me. Sento un rumore alle mie spalle e mi volto. A guardarmi, una creatura alta, slanciata. Ha grandi ali che si consumano per il calore, le piume impazzite per l'aria bollente. Ha i tratti di donna e di uomo insieme, non capisco cosa sia. Ma mi osserva. 
"Sam Hale."
Chiama il mio nome. Io continuo a fissarlo.
"Sono io."
"Ripuliscilo entro domani mattina."
"Sì, Signore."

Mi guardo intorno. E' l'inferno. Devo ripulire l'inferno. Meglio tirarsi su le maniche.

venerdì 22 marzo 2013

Rain

"Ma è vero che lo sai fare? Timothy dice che non è vero che lo sai fare."
"Timothy è un bugiardo, lo sai. Perchè continui ad ascoltare quello che ti dice?"
"Non lo so. Mi regala una mela a volte, dopo la scuola."
"Ti compra con le mele. Stai zitto. Hai sette anni, che vuoi capirne."
"Tu ne hai dodici, non è molto più tanto di me."
"Più grande. Quella roba che hai detto non significa nulla."
"Insomma, lo sai fare o no? Dice che sai colpire una lepre in corsa, giù nel campo, da sopra il capanno di tuo padre. Ma che non è vero. Che sono sciocchezze. Che sei tu che lo hai detto e allora lo hanno detto tutti."
"E' vero. Ma non si capisce niente quando parli."
"Voglio vederlo. Mi insegni?"
"Sei troppo piccolo per tirare con l'arco."
"Andiamo al capanno. Sam. Sammy, ti prego."


Il vento fendeva dolce i sigilli del mio futuro. Sai cosa dicono del vento, che ti accarezza e senza che te ne accorgi ti uccide. Ti soffia addosso e diventa tempesta. In estate si gonfiano nubi profumate, corro nei prati. Piove. L'odore è umido e selvaggio.
Mi scoppia il cuore.
Sono in cima al mondo. Sono libero, e forte.
Non mi avrete mai. Strappo l'erba con le mani mentre ci corro in mezzo.
Venite a prendermi. Questa è la mia terra, questa è la terra di mio padre.
Timothy mette in dubbio il mio nome e il nome di mio padre.
Cado, mi sbuccio le ginocchia e rido. Sprofondo nell'erba odorosa, guardo le nuvole e sento i tuoni lontani farsi vicini.



"Aiutami, dammi una mano. Non riesco a salire."

"Qui. Vedi qui, metti il piede. Dammi la mano."
"Siamo in altissimo!"
"Guarda il campo."
"Io non vedo nessuna lepre però."
"Bisogna saper aspettare. Respira. Il campo ha i suoi ritmi. Tu ne fai parte. Io ne faccio parte, la lepre ne fa parte."


La corda si tende, scricchiola.
Scricchiola anche la porta di una casa bruciata, macerie inconsistenti.

"Sam! Ecco la lepre! Eccola, corre! Eccola, la vedo, è lontana!"

"Io sono la lepre. Tu sei la lepre. Respiro."


...




"..L'hai colpita! E' incredibile! L'hai colpita davvero! Presto, andiamo a vedere!"

"Poi la portiamo a Timothy, gliela lasciamo davanti la finestra."
"L'hai passata da parte a parte, in mezzo al cranio. Guarda che roba."



Io sono la lepre. Tu sei la lepre. Guarda che roba.

giovedì 14 marzo 2013

The Apocalypse

"Hale! Questa gente è stremata. Non ci arrivano rifornimenti sufficienti da settimane. Ci sono dei bambini, delle donne. Due di loro sono incinte. Non abbiamo abbastanza cibo per tutti."
"Come siamo messi a coperte?"
"Ne abbiamo per metà di loro."
"Medicine?"
"Non ne abbiamo nemmeno per noi."
"Hale. Ho una comunicazione dal comando, chiedono di parlare con l'ufficiale a capo delle operazioni."
"Non c'è. Un attimo, Sykes. Big Rob, vieni qui. Prendi degli uomini, andate a caccia."
"A caccia, Sam?"
"A caccia, non abbiamo cibo per tutti. Questa gente deve mangiare. Al tramonto a rapporto con quello che avete preso."
"Hale, chi è l'ufficiale a capo?"
"E' morto."
"Quindi cosa dico a questi?"
"Non lo so. Non lo so. Un momento."
"Hale.. L'acqua è agli sgoccioli."
"La precedenza alle donne incinte e ai bambini, iniziate a razionare. Due porzioni per loro, una porzione a tutti gli altri."
"E i nostri feriti?"
"Una porzione. Ascoltami, Sykes. Non abbiamo altra scelta."
"Hale, chi diavolo è al comando qui? Non so più cosa dire!"
"Ho capito, per dio!"
"Sam. L'ufficiale con il grado più alto sei tu."
"..Passameli."

Il cielo di Greenfield al crepuscolo mi ricorda quello di Shijie. Ma è meno bello. Il cielo di Shijie mozzava il fiato. Era ampio, si apriva a vista d'occhio sulle foreste, sulle scarpate. Con i suoi colori, con l'azzurro brillante e l'arancio di fuoco, e le nuvole scure, bluastre. Terso e orgoglioso. Hanno detto che siamo stati agguerriti, a Shijie. Eravamo solo disperati e innamorati del nostro cielo. Ricordo le navi Alleate fenderlo, e noi con gli occhi rivolti verso l'alto e i cuori in gola, preparandoci alle esplosioni. Ho pensato al cielo di Shijie in questi giorni, mentre ero ospite al Black Oak Ranch. Mentre mangiavo cibo vero, bevevo acqua fresca, dormivo in un letto pulito e accogliente. In mezzo a pascoli fertili, con cavalli lucenti come non ne avevamo nemmeno noi. Per qualche istante ho pensato a come sarebbe.
Fermarsi lì.
Trovare una brava ragazza. Risposarmi, magari. Magari no. Avere i miei cavalli, occuparmi del bestiame.

Elizabeth Lightwood, io ho visto tuo padre morire a Serenity Valley e non te l'ho detto.
Perchè voglio che tu abbia la tua immagine di lui.
Non devi sapere com'era la verità. Non devi sapere che ne è stato dei loro corpi.

Ma poi guardo il cielo, e lo sento palpitare immenso. Più grande di me. E ricordo le navi solcarlo. Non è solo rabbia, quella che sento. E' speranza. Inevitabilità. Un fuoco caldo e continuo che mi brucia nel petto. Kraviz dice che sembro un bambino, quando guardo il cielo e parlo di libertà. Penso che mi consideri un ingenuo. Un sognatore. Non sono certo che mi importi. Lo hanno fatto in molti. Anche Cristobal, a modo suo. Non capiscono. Non mi importa. 
Ma Kraviz capisce cosa vuol dire credere nel nostro cielo, lei che è nata nel Core. Lei che è della stessa gente di Lars Wolfwood. Eppure Lars Wolfwood l'ha guardata come guarda me, con la sintetica superiorità delle parole educate, tese ad un interesse comune che esiste solo sulla carta. Lars Wolfwood si veste di seta e parla come velluto, ma pretende che io lo consideri un pari. Lo guardi senza pregiudizi. Lo farò con lui quando si vestirà come noi, quando mi chiederà onestamente di spiegargli cosa ci vedo nelle nostre terre riarse dalla povertà. Non lo farà mai. Perchè in fondo non gli interessa. Kraviz invece si è spogliata e si è immersa. Kraviz è una di noi. L'ha capito anche lui.
Mi fido di Kraviz. Profondamente. Sono felice di averla accanto.
L'ho guardata negli occhi e lei ha capito che dovevo andarmene da Greenfield. Dovevo andarmene dal Ranch. Si è messa a lavorare in silenzio, si è messa ad ascoltarmi davvero. Non ha bisogno di essere d'accordo con me per rispettare i miei sentimenti. Kraviz è più combattiva di quanto creda lei stessa.
Come Cristobal, si è arresa alla delusione. 
Cristobal mi scivola tra le dita come la sabbia. Devo lasciarlo andare. Devo permettergli di vivere le sue decisioni. Devo fidarmi di lui, lui deve fidarsi di me. Non lo sto abbandonando, lo sto lasciando andare. Mi sforzo di non essere terrorizzato. Ma prego per lui, spesso. Non prego più molto spesso, da anni, ma prego spesso per lui. Andrà bene, devo avere fiducia, ci rivedremo. Parleremo. Mi ha detto che sarà così, e io mi fido di lui. Io gli farò vedere che ho scelto la mia battaglia, e che possiamo vincere la guerra.

Sono tornato a Safeport. Ho inspirato l'aria malsana e violacea di Sunset Tower. Per un istante mi sono sentito tremare.
Ho cercato, e ho trovato. Tra le mura di una vecchia fabbrica dimessa, dove la nostra gente dorme ammassata per pochi dollari. Il Capitano Rooster mi guarda, si porta addosso le cicatrici di cose che ho visto anche io. E mi dice che gli altri non possono capire. 
E' vero.
Ora sono nella stanza sette. C'è una branda sfondata e nient'altro. Ho posato la sacca a terra. Entra aria fredda da una finestra rotta. Sono vivo.
Sto lasciando ogni cosa, per la seconda volta.


"Hale, dovete cercare di resistere ancora un pò."
"Noi non smetteremo mai di resistere, signore."

giovedì 7 marzo 2013

Guilt

"Dovrai scegliere, Hale, dovrai farlo per te stesso.
Non puoi combattere su tutti i fronti."
Non è colpa tua. Non è colpa di quelli che combattevano in trincea.

Ho passato giorni a grattare con le unghie nelle pieghe di Sunset Tower. Cristobal mi è scivolato via tra le dita prima che potessi rendermene conto. Lo ha fatto volutamente, incautamente. Sapeva che lo avrei capito. Sapeva che mancando l'appuntamento mi avrebbe messo in allerta. Lo ha fatto comunque, ed è andato da Black. La certezza l'ho avuta solo quando me lo ha rivelato lui stesso. Quando si è ripresentato come se non fosse successo nulla, con un piatto di scuse per avermi lasciato all'oscuro di qualsiasi cosa, da solo su Safeport, senza direttive. Black si compra tutto il carico, lui glielo ha venduto. Quel poco che so di Black, va contro qualsiasi cosa io abbia mai creduto nella vita. Magari gli ideali non contano più niente se non per me. 

Che cosa succede quando non ci sono io? Vi girate i pollici?
Chi controlla che la gente faccia il proprio lavoro? Non c'è questo ruolo sulla nave? 
Ha importanza il nome?


Si chiama Secondo in comando. Non avrebbe importanza il nome, se avesse importanza il concetto. Mi sono rotolato giù per le scarpate cercando il suo cadavere, una volta che ho collegato Ice Clown a Black. Non ho dormito. Ho continuato a cercare. Ma mentre io lo cercavo, pregando Dio che non fosse andato da lui da solo, lui era là da solo e gli vendeva tutto il carico. Ad un pirata senza scrupoli. 
Cercando lui, per caso, ho trovato Red Wright.
Non lui in persona. Una con il Browncoat e l'aria di conoscerlo. Le ho detto di portargli un messaggio da parte mia. Di dirgli che lo cercavo. Da quando siamo usciti da quell'ufficio della Blue Sun non faccio che pensare a Red Wright. Fin dall'inizio, il mio obiettivo era dirgli di quelle duecento armi. 
Inutili. Completamente.
Lui lo ha capito subito. Io lo sapevo da prima. Dopo notti senza sonno, mi sono trovato seduto al Crook Saloon a guardarlo in faccia a parlargli di una manciata di armi senza valore. Duecento revolver neri con due colpi in più e meno rinculo di un Python, di cui nessuno si farebbe niente. Tranne la Blue Sun, perchè costano il doppio di una Neocolt. Vanno bene per i figli ricchi dei corer che vogliono giocare a fare i ribelli. Non ci faranno vincere una guerra che abbiamo perso anni fa. E io invece bruciavo dalla voglia di trovarmi seduto davanti a quell'uomo e dirgli "compra le mie armi". Mi ha guardato in faccia e io mi sono svegliato.
Perchè vuoi vendermi armi che nemmeno tu avresti usato?
E' vero. Non le avrei mai comprate, se fossi stato in lui. Non le avrei comprate nemmeno se fossi stato in me stesso. Non hanno alcun tipo di valore, nel Rim. Ne avrebbero se costassero la metà di quello che costano. Mi sono sentito male, per quanto era evidente. Non sono un trafficante di armi. Non ragionerò mai con la testa di un trafficante. Continuerò per sempre a ragionare con la testa di un uomo che ha dedicato gran parte della vita ad un ideale in cui nonostante tutto non riesce a smettere di credere. Nonostante mi stia corrodendo. 
Sono idealista, ma non sono cieco. Ci sono cose che abbiamo sbagliato tragicamente. Non si possono correggere. Ultimamente mi rendo conto di non riuscire a fare altro che pensare al Verse. Alle sue divisioni. Ho smesso di pensare ai miei lutti personali, per non fare l'errore di farmi guidare dalla rabbia e non dalla speranza. Era il mio trucco, anche durante la guerra. Ma non so quanto mi sia servito. Di certo non è servito alla mia famiglia, di certo non è servito a tutti i compagni che sono morti al posto mio. A volte penso che non sia servito nemmeno a tutti i soldati dell'Alleanza che sono morti e non lo meritavano, e a tutti quei soldati dell'Alleanza che non sono morti e vorrei aver ammazzato con le mie mani, se questo avesse potuto fare qualche differenza. 
Red Wright mi ha guardato come si guardano i deficienti. Immagino abbia fatto bene. Non mi sono mai sentito così cretino in tutta la mia vita, quando ho realizzato il motivo reale per cui stavo di fronte a lui. 

"E tu avevi una risposta?"
"Erano gli unici a cui avrei voluto venderle. Ha ragione lui. Non le avrei comprate. Inutili e pretenziose, troppo costose. Chiunque abbia combattuto nella guerra sa gestire il rinculo dei Python, i suoi uomini lo sanno fare. Due proiettili in più non sono un buon motivo per pagare tutti quei soldi. Non siamo gente del Core. Sono stato seduto su delle fottute poltrone di Horyzon, e poi sono andato a cercare di vendere delle armi di merda a Wright solo per trovarmi seduto con lui e avere la sensazione di fare ancora parte di qualcosa."


Avevo una risposta. Non è detto che sia una risposta facile. Cristobal mi guarda e mi vede spaccato. Io che mi sforzo tanto di essere saldo anche per lui, anche per il padre che non ha avuto, devo essergli sembrato come una piuma nell'universo. Almeno lui sa qual'è il suo posto. E' un posto che non so se potrò mai condividere, ma lui sa qual'è il suo posto. Me lo ha detto chiaramente. Il suo posto è a difendere un angolo di spazio dove costruirsi uno straccio di vita che possa dargli qualche soddisfazione. Lo possiamo davvero biasimare? Non credo. E' nato troppo tardi per partecipare a questa follia, e troppo presto per esserne completamente distante. 
Non dovrebbe essere questo, il nostro obiettivo? Non dovrebbe essere quello di dare a loro un luogo e un'identità in cui vivere le loro vite liberi? Liberi dall'Alleanza, liberi dalla miseria, liberi dagli strascichi del nostro odio. Liberi dagli strascichi dei nostri rimpianti. 

"La guerra durerà per sempre. Ci sarà sempre un'Alleanza e un'Indipendenza.
Possiamo solo ritagliarci il nostro angolo."

Io so che non sarò mai in grado di arrendermi. Non lo credo. Non ci credo a questa cosa. Nulla dura per sempre. Nemmeno le stelle, nemmeno i pianeti. Nemmeno lo spazio stesso, forse. E in fin dei conti, sono disposto ad ammettere che non saremo mai in grado di rovesciare l'Alleanza. Non credo che sia necessario, se i nostri sforzi fossero tesi a costruire un'alternativa sia all'Alleanza, sia a questo continuo massacrarsi insensato. Ma non lo otterremo certo facendo i ladri e i disperati. Potrei imbracciare di nuovo le armi per questo? Ogni giorno della mia vita. Posso mettere da parte la lucidità su quanto sia complessa la realtà in cui viviamo? No.
Dall'altra parte, non posso dimenticare a cosa sono arrivati. Non posso dimenticare il modo in cui ci guardano. Il modo in cui hanno raso al suolo la mia terra. Il senso di tragica meticolosità che ho percepito guadando la cenere ricoprire Shijie. Lo hanno fatto con lucida precisione, passando su qualsiasi cosa. Vite. Donne. Bambini. Non posso accettare di perdonarli, ma non posso nemmeno giustificare la cieca rappresaglia come unica alternativa. Non ho studiato nelle Università, ho imparato a leggere e a scrivere usando i testi sacri, in una scuola composta da una sola stanza. 
Ma nessuno può impedirmi di pensare con la mia testa. Non l'Alleanza, non il Dolore, non la Rabbia, e nemmeno il mio affetto per Cristobal. 
Non so dove sto andando. Mi sono perso. So solo che non posso fare come lui. Non posso smettere di credere che ci sia una strada diversa. Forse è questo che intendono quando parlano dei non arresi.
Forse non mi sono mai arreso, nonostante sia stato disgustato oltre il limite dell'umana sopportazione. Forse non mi arrenderò mai. Non posso d'altra parte nemmeno costringerlo a combattere una battaglia che non è la sua.

In questo silenzio violento che riempie la mia vita, l'unico pensiero che mi permette di riposare qualche ora ogni tanto è il ricordo di quella donna. Maya. Non riesco a ricordarne il cognome. Ricordo la sua voce e i suoi occhi mentre mi diceva che sono trascurato. Trasandato. Privo di cura per me stesso. Avrei voluto dirle che non ho il tempo, non lo spazio, forse non ho davvero nemmeno i motivi per prendermi cura di me stesso. Non credo di averlo mai avuto, per un motivo o per l'altro. C'era sempre qualcosa per cui combattere, o qualcosa per cui lavorare. Ma starle di fronte mi ha fatto ricordare quanto mi sono messo da parte in questi anni. Mi ha fatto pensare alle cose che non abbiamo nel Rim. Donne come lei, questo è certo. Quando mi ha accarezzato, sulla Mistress, ho sentito gli occhi dei Corer guardarla con il prurito disgustoso del giudizio, come se stesse toccando un appestato, uno straccione. Non la rivedrò mai più. Ma quel momento così inutile, se confrontato con il grande disegno delle cose, è l'unico pensiero che mi permetta di sentirmi vagamente meno stanco in questi giorni. Forse perchè è l'unica cosa privata che mi sia rimasta. La stupida infatuazione momentanea per una donna che non avrò mai, che non conosco, che ho visto da lontano. E che guardare da lontano è l'unica cosa che mi sarebbe stato concesso fare in ogni caso, perchè appartiene a quella fetta di cielo che quelli come noi, come me, non possono avvicinare. 
Non sono certo di sapere se sto andando alla deriva, o il mio corpo cammina in una direzione che non comprendo.

mercoledì 6 marzo 2013

The Tight Rope

Io lo avevo capito. Prima che iniziasse la battaglia, quel giorno a Serenity Valley. Lo avevo capito da tempo, che era finita. Avevo capito che sarebbe stato un massacro senza via di scampo. Non avevo altra scelta che provare a fare la mia parte. Guardavo Isaiah, con i capelli scuri e gli occhi terrorizzati prepararsi insieme agli altri. Isaiah stava per morire per una guerra che non capiva, invece che essere a correre nei campi. Io alla sua età costruivo rifugi sugli alberi da frutta, lui sta cercando di rimontare un fucile troppo grosso per lui.
Quand'è che siamo arrivati a questo? Ricordo il momento in cui gli uomini hanno iniziato ad essere troppo pochi. Allora abbiamo preso i ragazzini, e i vecchi. Ho cercato di proteggerlo il più a lungo possibile, e ora lo guardo e penso che morirà con me. Qui. Oggi. Non è giusto.

"Ehy, campione..."
"...Ciao."
"Come stai?"
"Sto bene. Non ho paura. Guarda, ho quasi finito."
"Lo vedo. Sei diventato più veloce, sai?"
"Lo so. Sono quasi più veloce di Syles."
"..Il caricatore è al contrario, non lo inserirai mai così.."
"Oh. Scusa, capo."
"Isaiah. Metti giù questo fucile, devo parlarti. Vieni qui."
"E' l'ufficiale che mi deve parlare? O.."
"No, non è l'ufficiale. Voglio che mi ascolti bene, adesso."
"..Ti ascolto."
"Vattene. Vattene via. Ti coprirò io. Ci sono dei malati, partiranno stasera, li rimandano a Polaris.
Voglio che fai come ti dico, ti manderemo con loro."
"...Di cosa stai-"
"Isaiah."
"Ma questa è diserzione."
"Lo so."
"No. Io voglio combattere come fanno tutti. Come fanno tutti gli altri. Sono capace. Ho fatto bene le ricognizioni, in tutti questi mesi, e.."
"Questa non è una ricognizione. Non è neanche un'imboscata."
"Ma io non voglio lasciarti da solo. Se ti succede qualcosa e io non ci sono..?"
"Non mi succederà nulla. Andrà tutto bene. Ma tu devi tornare a casa."
"Io lo so cosa pensi. Pensi che moriremo tutti. Stai cercando di salvarmi e prenderti tu le responsabilità. Lo fai sempre."
"Sono un tuo superiore, posso ordinartelo."
"Non puoi ordinarmi di violare le regole."
"..Ti prego."

Mi disse di sì. Poi fece il contrario. Quando mi resi conto che non era scappato eravamo già sul campo di battaglia. 
Ricordo i colpi di Mauler fischiarmi nelle orecchie, come stormi di cornacchie. Gli uccelli strappare carne dai corpi. Chiunque non sia stato a Serenity Valley non sa cosa sia l'inferno. Dopo, spesso mi sono chiesto quali cose orrende dovevano accadere sulla Terra Che Fu, per tramandarci il concetto stesso, dell'inferno, senza aver visto Serenity Valley. 
Correvo. Il sudore mi accecava. Ho sentito il terreno tremare, qualcosa sbalzarmi in avanti. Quando ho riaperto gli occhi non sentivo nulla, non vedevo niente se non polvere e fumo. Dalla polvere, ho visto emergere la sagoma di un soldato. Ne è uscito come se fosse fatto di polvere anche lui. Era un soldato nemico. Gli ho visto puntare il fucile verso di me. Sapevo che sarei morto, lo guardavo negli occhi. Il soldato ha sparato. Non sono morto. Qualcosa di leggero e caldo mi è caduto tra le braccia, invece. Come le colombe, quando vengono colpite dai cacciatori.
Ho abbassato gli occhi sul corpo di Isaiah.
Si è messo davanti. E' morto lì, senza dire nulla. Non si dice nulla, prima di morire, nella realtà.
Si muore e basta.
In quell'istante, è morta l'Indipendenza. Era morta prima, ma per me abbiamo perso in quell'istante. Mentre stavo seduto in mezzo al campo di battaglia con il suo corpo tra le mani, e pensavo che lo avevamo ammazzato tutti noi. 

Cristobal non è mio figlio, questo lo so. Ma ogni volta che lo guardo, non riesco a non vedere la solitudine, l'abbandono, l'assenza di principi a cui abbiamo costretto i ragazzi come lui. Sono i figli della guerra. Cresciuti orfani, abbandonati nella miseria. Qualsiasi cosa farà Cristobal, sarà giustificato. La responsabilità è nostra. E' dell'Alleanza. E' nostra, che non abbiamo saputo opporre un'alternativa che non fosse resistere ciecamente. 
Cristobal non è mio figlio, ma qualcuno gli deve un padre. 

Fumo ancora le Cheltenham nere. Ma abbiamo bisogno di qualcosa di più grande.